domenica 15 aprile 2012

Odontoiatria preventiva: sigillature di solchi e fossette

I sigillanti costituiscono un importante presidio nei programmi di prevenzione della salute orale in quanto rendono le superfici dentarie inaccessibili all'impianto dei batteri responsabili dell'insorgenza della patologia cariosa a livello di quelli che sono dei” Loci minoris resistentiae'' della struttura dentale dei molari e premolari, ovvero dei solchi e delle fessure.
 
E' stato osservato, infatti, che i programmi preventivi basati unicamente sull'adozione dei fluoro sebbene incidano positivamente a livello delle superfici interprossimali, non costituiscono una adeguata barriera preventiva a livello delle superfici occlusali che sono per le loro caratteristiche anatomiche delle sedi facilmente soggette allo sviluppo della patologia cariosa. Nonostante in questi ultimi anni si sia verificata una ridotta incidenza della patologia cariosa, i periodi dell'infanzia e dell'adolescenza costituiscono ancora oggi delle fasce di età a rischio soprattutto per quanto concerne la suscettibilità alla carie di solchi e fessure. 
Volendoci attenere alla letteratura, le indicazioni che essa fornisce per quanto riguarda le applicazioni dei sigillanti sono le seguenti: 
  • primi molari permanenti per bambini dai 6 agli 8 anni
  • secondi molari permanenti per bambini dagli 11 ai 13 anni;
  • premolari in bambini ad alto rischio ovvero soggetti il cui stile di vita o una carente terapia di fluoro li rende maggiormente soggetti al manifestarsi di carie;
  • molari decidui.
La carie è una malattia sito-specifica e la maggiore suscettibilità di queste aeree è dovuta essenzialmente alla coincidenza di questi fattori:
La morfologia delle superfici occlusali caratterizzata dalla presenza di solchi e fessure che facilitano il ristagno della placca e dei detriti; non tutte le superfici occlusali, comunque, presentano la stessa tipologia di solchi e, di conseguenza ,la medesima predisposizione alla carie; attualmente i solchi vengono classificati in: 
  • Solchi piatti e aperti
  • Solchi a V
  • Solchi a goccia d’acqua o a I (molto ritentivi)
  • L’età del piccolo paziente; quando un molare erompe nel cavo orale il bambino non ha ancora acquisito una maturità neuromuscolare tale da consentirgli un’efficace azione detersiva tramite l’uso dello spazzolino; è da sottolineare che il picco eruttivo post-emergenza, vale a dire il tempo che impiega il dente per arrivare al tavolato occlusale è di 1-1,5 anni
  • La tensione superficiale della saliva che, in particolare nei solchi molto accentuati, impedisce al flusso salivare di detergere la superficie dentale.
  • Maturità dello smalto; quando un dente erompe lo smalto è ancora immaturo, in quanto nei cristalli apatitici sono presenti delle impurità che ne facilitano la demineralizzazione durante l’attacco acido. Solo permanendo nel cavo orale e attuando un’efficace fluoro profilassi lo smalto matura e diventa meno suscettibile agli attacchi acidi.
I sigillanti riconoscono tre generazioni di materiali da quando sono stati introdotti:
  • I generazione: costituita da elementi ottenuti per miscelazione dei metil -2 -cianoacri lato con il metil-metacrilato ed attivati per mezzo di luce ultravioletta
  • II generazione: costituita da elementi in cui il cianoacrilato è sostituito dal dimetacrilato che rappresenta il prodotto di reazione dei bisfenolo A con il glicidil-metacrilato (Bis-Gma). Sono autopolimeriz-zabili.
  • III generazione: costituita da elementi sempre a base di Bis-Gma ma polimerizzabili mediante luce alogena. 
Ormai in commercio vengono proposti solo le ultime due generazioni con percentuali diverse di riempimento del composito stesso. L'aggiunta di riempitivo ha lo scopo di rendere il prodotto più resistente all'abrasione ma comporta lo svantaggio di una maggiore viscosità e conseguentemente una notevole perizia da parte dell'operatore nel collocarlo in situ.
 Dal punto di vista cromatico i sigillanti si distinguono in:  
 
  • chiari
  • colorati
  • opachi
Il vantaggio di poter fruire di prodotti colorati ed opachi è dovuto al fatto che questi sono più visibili e quindi suscettibili ad una più facile e diretta osservazione clinica nel corso dei tempo.
Una ulteriore classificazione dei sigillanti potrebbe essere effettuata in base alla presenza o meno di fluoro nei composti. Generalmente l'incorporazione dei fluoro può avvenire con due metodi:
  • il sale fluorato solubile è aggiunto alla resina non polimerizzata: dopo che il sigillante è stato applicato al dente, il sale dissolve, e gli ioni fluorati vengono rilasciati;
  • un composto organico fluorato viene legato chimicamente alla resina ed il fluoro viene rilasciato dallo scambio con altri ioni.
Sui sigillanti contenenti fluoro sono stati condotti studi sia in vitro che in vivo ed entrambi hanno dimostrato un effettivo rilascio di fluoro. In vitro il maggior rilascio di fluoro si verifica entro i primi due giorni dall'applicazione dei sigillante mentre in vivo è stato osservato che la concentrazione di fluoro nella saliva incrementa significativamente entro 30 minuti dopo che il sigillante è stato collocato, ma ritorna ai livelli basali entro uno, due giorni.
L’orientamento della moderna odontoiatria preventiva è indubbiamente diretto verso trattamenti qualitativi che facilitino il controllo del materiale  posto nelle cavità naturali del dente e che ricerchino attendibilità e predicibilità del risultato senza tralasciare l’aspetto estetico.
 
Efficacia degli sigillanti
L'efficacia del sigillante nel prevenire l’insorgenza della carie è necessariamente associata al grado e alla durata della sua ritenzione nel punto in cui è stato posizionato. La ritenzione è: 
  • totale: se la sigillatura è integra; 
  • parziale: se si ha limitato distacco; 
  • nulla: se si và incontro a perdita completa.
La durata di un sigillante e la sua ritenzione sono strettamente correlati a:
  •  posizione del dente all’interno del cavo orale: più anteriormente è posto il dente maggiore sarà la ritenzione in quanto si è visto che le cavità naturali dei premolari risultano maggiormente ritentive di quelle dei molari; 
  • abilità dell’operatore: la bravura dell’operatore garantisce la maggior durata del sigillante; 
  • età del paziente: nei soggetti più giovani si riscontra una difficoltà oggettiva nell’isolare adeguatamente gli elementi da sigillare. Ciò è imputabile principalmente alla scarsa collaborazione del bambino e allo stato precoce d’eruzione dei denti su cui si interviene.
La principale causa di fallimento di una sigillatura è tuttavia riconducibile alla contaminazione del dente da parte dei fluidi organici durante al’applicazione del sigillante; ciò evidenzia l’importanza delle procedure tecniche e soprattutto il mantenimento di un campo operativo adeguatamente asciutto come condizione essenziale per il successo del trattamento.
E’ stato osservato come il distacco precoce del materiale avvenga per un errore di adesione piuttosto che per abrasione e usura e come questo avvenga più frequentemente nei tre mesi successivi all’apposizione. Inoltre i molari mascellari si rivelano maggiormente soggetti a totale perdita di sigillante, mentre per i molari mandibolari l’insuccesso è più frequentemente parziale.
La frattura tra sigillante e smalto, esaminata studiando alcuni campioni sia estrattivi sia in vivo attraverso microscopio a scansione elettronica, appare riconducibile ad alcuni fenomeni:
  • Presenza di aree non mordenzate, dovute ad una barriera morfologica rappresentata dai solchi più pronunciati allo scorrere dell’acido fosforico e successivamente del sigillante;
  • Persistenza nelle fessure di materiale organico nonostante la procedura di profilassi;
  • Riscontro di smalto prismatico, che di fatto limiterebbe la penetrazione della resina risultando scarsamente poroso anche previa mordenzatura.
A cura della Dott.ssa Murabito Marika