lunedì 2 agosto 2010

Diagnosi differenziale dei dolori dentali e oro-facciali

Nel gruppo dei dolori da patologie dentali si distinguono principalmente:
 
1) l'ipersensibilità dentinale,
2) la sindrome del dente incrinato,
3) i dolori da patologia pulpare,
4) i dolori da patologia periapicale;
5) i dolori da patologia parodontale.

Per comprendere le caratteristiche dei singoli quadri clinici e per orientarsi nella diagnosi differenziale, si deve sapere che la polpa possiede essenzialmente due tipi di fibre nervose. Uno è rappresentato dalle fibre A-δ, mieliniche, abbastanza grosse, con alta velocità di conduzione, che sono devolute in parte alla sensibilità dolorifica, peculiarmente alla sensibilità termica e tattile. Sono ubicate soprattutto alla periferia della polpa, particolarmente nelle zone dei cornetti e del tetto pulpari, mentre tendono a diminuire di numero, fin quasi a sparire, man mano che si procede apicalmente verso la zona del colletto. L'altro tipo è costituito dalle fibre C, nocicettive, amieliniche, essenzialmente dolorifiche, situate eminentemente al centro della polpa.   

Alcune caratteristiche di queste fibre aiutano nel porre meglio le diagnosi differenziali: le fibre mieliniche, periferiche sono più sensibili agli stimoli termici, sia al freddo che al caldo, quelle all'interno della polpa sono sensibili solamente (o quasi) al caldo. Le fibre più periferiche non tendono a dare dolore irradiato, cioè forniscono una sensazione dolorifica esattamente riferita alla zona dove vengono stimolate, mentre le fibre amieliniche possono dare molto spesso dolore irradiato. L'aumento della pressione pulpare, l'ipossia e l'infiammazione sono in condizione di attivare le fibre amieliniche, mentre le fibre mieliniche non sono sensibili o lo sono scarsamente a questi fenomeni. Quindi le fibre amieliniche sono coinvolte nei dolori che si avvertono quando c'è una compromissione, spesso irreversibile, della polpa. Si inquadrano ora questi concetti nelle cinque evenienze dolorifiche elencate sopra.

Ipersensibilità dentinale
 
Per ipersensibilità dentinale si intende una breve e violenta reazione dolorosa, provocata o in certi momenti spontanea, che parte dalla dentina esposta, scatenata da stimoli termici, meccanici e chimico-osmotici. Le teorie proposte per spiegare questa sensibilità aberrante sono tre. La prima, teoria nervosa, presuppone che le fibre nervose penetrino nei tubuli dentinali e quindi vengano stimolate direttamente o indirettamente tramite il fluido che riempie il lume tubulare. E' un'ipotesi ben suffragata da prove morfologiche: a livello dei cornetti e della camera pulpari la percentuale dei tubuli direttamente innervati ammonta al 45% del totale, mentre verso il colletto scende all'1,3%, nella radice poi addirittura allo 0,1% - 0,01%. Questo meccanismo spiegherebbe quindi soltanto la sensibilità legata alla metà coronale della camera pulpare.

La seconda, ipotesi odontoblastica, suppone che l'odontoblasta sia inteso come recettore, in contatto, mediante una sinapsi, con la fibra nervosa sensitiva. E' l'ipotesi più debole perché un recettore è una cellula che risponde in maniera violentissima a stimoli deboli,al contrario l'odontoblasta risponde molto lentamente a stimoli intensi.

Riguardo alla terza ipotesi, quella idrodinamica, secondo Gysi che la descrisse nel 1901, le fibre nervose contrarrebbero rapporto solo con il polo caudale dell'odontoblasta e verrebbero stimolate dagli spostamenti dell'odontoblasta che verrebbe stirato nel tubulo o schiacciato verso il centro della polpa, a seconda dei vari stimoli sulla dentina esposta. E' un'ipotesi suggestiva, però ha scarso supporto morfologico perché non spiega l'ipersensibilità, ad esempio al colletto o alla radice, dove gli odontoblasti sono praticamente privi di fibre sensitive poiché in queste zone non è presente il plesso di Raschkoff (che termina come visto a metà della corona).

Sono state avanzate altre teorie, quale quella dell'infiammazione neurogena, ma a tutt'oggi non sono disponibili ipotesi alternative, scientificamente dimostrate, circa l'ipersensibilità dentinale. Questa sindrome si instaura in presenza di dentina esposta (specialmente nell'area cervicale) per usura, abrasione, erosione, per difetti dello smalto oppure per cause iatrogene, quali procedure conservative, protesiche, parodontali, ortodontiche, chirurgiche ecc. L'odontoiatra deve essere in condizione di distinguere una ipersensibilità dentinale da uno stato pulpitico, anche perché molte volte le pulpiti esordiscono con sintomi di ipersensibilità. La sindrome da ipersensibilità dentinale è transitoria, alterna periodi di acuzie a periodi di quiescenza. Una conferma diagnostica si può avere (a prescindere da quale sia il meccanismo patogenetico) ripristinando la chiusura dei tubuli verso l'esterno con l'applicazione in studio di sealant, ossalati ecc., oppure mediante terapia domiciliare con fluoruri o altro: i sintomi cessano o diminuiscono in modo rilevante. Non è presente nessun segno radiografico.

Nel corso degli ultimi 150 anni si è impiegato un numero sterminato di sussidi per cercare di far fronte alla ipersensibilità dentinale: ciò significa che la patogenesi di questa sindrome è ancora tutta da scoprirsi al pari della sua specifica terapia.

La terapia è sintomatica, ha lo scopo, non sempre raggiungibile, di eliminare il sintomo principale che è il dolore, mediante l'occlusione dei tubuli. Ovviamente il carattere acuto, localizzato e transitorio del dolore indica chiaramente che esso è mediato dalle fibre A-δ. Se dopo la rimozione dello stimolo rimane il dolore o se questo insorge spontaneamente, significa che sono attive le fibre C, al centro della polpa e che è già in atto un danno pulpare.