
1. La funzione, perché una forte adesione del restauro può ripristinare le caratteristiche biomeccaniche originali della struttura dentale, indebolita a opera delle lesioni (carie o frattura) e della preparazione stessa (della cavità o del moncone).
2. La conservazione, perché la possibilità di far aderire i restauri consente di ridurre o eliminare l’asportazione a fini ritentivi di tessuto duro sano.
3. L’estetica, perché le procedure adesive permettono di utilizzare materiali privi di core metallico e pertanto dotati di più favorevole rapporto con la luce.
In una relazione eminentemente clinica conviene limitarsi a pochi aspetti fondamentali della classificazione e del meccanismo d’azione degli adesivi.


Al primo tipo di adesione si affidano tradizionalmente i materiali vetroionomerici, al secondo quelli resinosi compositi, con la precisazione che i moderni sistemi self-etching a 2 passaggi possono sfruttare anche il primo, grazie all’interazione chimica fra monomeri funzionali specifici e l’idrossiapatite residua presente nello strato ibrido.
Secondo una classificazione accreditata dalla letteratura internazionale gli adesivi attualmente presenti sul mercato si distinguono in a. di IV, V, VI e VII generazione.

La V rappresenta una semplificazione della IV in quanto primer e bonding sono presenti in un’unica soluzione.
Al successo di mercato non è corrisposta una performance di laboratorio e clinica dello stesso livello dei precedenti.

Nella VII generazione si raggiunge la massima semplificazione riunendo in unica boccetta primer auto condizionante e bonding (all-in-one).
Volendo sintetizzare la vastissima letteratura sui diversi sistemi adesivi si può dire che quelli di IV generazione rappresentano a tutt’oggi il gold standard in termini di forza di adesione misurata in vitro e di performance clinica; al loro livello si avvicinano soltanto quelli di VI generazione, a patto che si migliori l’adesione allo smalto con la mordenzatura separata con acido ortofosforico.

Un altro dato unanimemente riportato riguarda il ruolo preminente giocato dall’operatore nel determinare il livello di performance adesiva.
Agli adesivi di VII generazione, al di là dell’appeal esercitato dalla novità e semplicità, si riconosce quasi unanimemente un’affidabilità inferiore a quelli delle altre tre.
Nell’ambito degli studi orientati a superare il problema della diminuzione dell’adesione nel tempo per l’azione di fattori esterni, quali l’idrolisi indotta dall’ambiente orale e gli stress da carico funzionale, si è evidenziato il ruolo negativo svolto anche da fattori interni quali la degradazione del collagene dello strato ibrido da parte delle metallo-proteinasi presenti nella dentina. La verifica del potere inibente esercitato dalla clorexidina (CLX) su tali enzimi ha portato alla validazione di un passaggio ulteriore: dopo la mordenzatura l’applicazione per 30 secondi di una soluzione acquosa diluita (0.2 - 2%) di CLX.
Vale la pena ricordare il ruolo negativo che possono svolgere sull’adesione le procedure di sbiancamento chimico (mediante perossido di idrogeno o derivati), per cui si consiglia di attendere un periodo di almeno 15 giorni dopo l’ultima applicazione sbiancante prima di eseguire restauri adesivi.
Sintesi della relazione tenuta da Federico Ferraris al 51° Congresso degli Amici di Brugg di Rimini